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29 settembre, 2006

La Posizione del Soggetto

di Francesco Bellucci

Il soggetto è un punto, una posizione: ampiezza dell’angolazione o potenza dell’immaginazione, il soggetto è proprio dove avevamo smesso di cercarlo, cioè nella struttura di rapporti differenziali che non lo presuppone, e che invece lo produce.
Si ha struttura solo di ciò che è linguaggio, questo lo sappiamo. Ora, il soggetto sembrava essere a monte del linguaggio: il soggetto crea il linguaggio ad immagine e somiglianza di sé e del mondo, è contemporaneamente causa motrice e inventore straordinario della parola e del gesto, del pensiero e della tecnica. Insomma, il soggetto sarebbe condizione di esistenza del linguaggio, della struttura e, fatto 2 più 2, del mondo stesso.
Ma scambieremmo i termini del rapporto. Senza esserne il presupposto, il soggetto si insinua ed emerge dal linguaggio come il sintomo si insinua ed emerge dalla malattia, senza confondersi con quella e tuttavia portandola alla luce. Il linguaggio e il soggetto stanno tra di loro come la malattia e il sintomo.
In altre parole, il fatto che il linguaggio abbia una direzione privilegiata che noi chiamiamo soggettività non è che un effetto: nel linguaggio noi non riconosciamo che delle posizioni, intercambiabili, sovrapponibili, narcotizzabili o magnificabili, ma pur sempre posizioni. Questo effetto, perché di un effetto si tratta, non ha niente a che vedere con la fondazione: noi riconosciamo dei soggetti e delle direzioni in quanto posizioni che si alternano o che si scontrano, ma non sappiamo niente circa le condizioni della loro esistenza o gli eventi che li hanno prodotti.
Non è il soggetto che mette in moto il linguaggio, ma il contrario: è il linguaggio che mette in moto il soggetto, facendolo esistere come pura posizione accanto alle altre. Il soggetto della prospettiva non è che questo stesso soggetto: immobilizzato e implicato nella visione, è ridotto a punto geometrico di osservazione.
Questa frantumazione della soggettività, e questa sua infinitesimale dispersione, sono il cuore dello strutturalismo. Il vero soggetto è la struttura, appunto, poiché in essa il soggetto è ridotto a casella vuota, da riempire con quello che vogliamo, d’accordo, ma che esiste e ha senso (cioè valore) prima che venga riempita.
E quando siamo noi ad occupare questa posizione, lo facciamo in una specie di eterno ritorno linguistico, in cui diciamo “io” solo perché il linguaggio ci ha preparato la stanza e messo il copione sul comodino. Speriamo che almeno abbia cambiato le lenzuola.

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