La semiotica è vasta, impossibile coprirla tutta. Forum di attualità, cultura e innovazione degli studenti di Discipline Semiotiche, Bologna. IL PE_RIZOMA è UNA RIVISTA GRATUITA! MAIL: pe_rizoma@yahoo.it

26 novembre, 2007

Convegno AISS, secondo me

Sabato (fino alle quattro e mezza, lo confesso) e Domenica (tutta giura, sacrificando pure le partite) sono andata con alcuni semioticanti in erba al XXXV congresso dell'AISS a Reggio Emilia intitolato Destini del Sacro, discorso religioso e semiotica delle culture, un po' perchè la trasferta era fattibile, un po' perchè ho già nostalgia delle lezioni da seguire e volevo ritrovarmi in quella situazione, inoltre non ero mai stata ad un convegno e l'argomento non mi sembrava il più facile da trattare in generale, figuriamoci in semiotica, e mi incuriosiva molto.

In generale la situazione mi è piaciuta: gli argomenti sono stati stimolanti, era pieno di libri viventi, persone di cui hai studiato quello che hanno scritto ma di cui non avevo idea di come fossero fatti, di come parlavano, di come esponevano.

Ecco, questa è proprio una delle note dolenti a mio avviso. Alcuni professori, alcuni intellettuali, insomma, alcune delle persone che hanno esposto il proprio lavoro, o meglio, che hanno letto il proprio lavoro, non avevano capacità di sintetizzare il tutto ed esporlo in modo chiaro, e non tanto perchè utilizzassero un linguaggio difficile o concetti che non potevo comprendere (beninteso, alcuni probabilmente non li avrei capiti lo stesso) ma perchè prima di tutto a leggere il proprio lavoro parlavano troppo veloce e non facevano proprio il discorso, in più alcuni perdevano un sacco di tempo a loro disposizione, che era circa mezz'ora, a spiegare l'argomento in generale per non arrivare mai all'analisi semiotica..il chè mi è sembrato abbastanza strano, vuoi perchè eravamo proprio ad un convegno di semiotica, vuoi perchè pretendono che noi studenti ad una domanda di esame rispondiamo velocemente e senza fronzoli, bisogna arrivare dritti al concetto, nemmeno il tempo di essere un po' timidi, la minima insicurezza è spesso tacciata di ignoranza..per non parlare della nostra tesi di laurea: dovremmo farci capire, interessare la commissione e non farci intimorire, senza né la possibilità di leggere né di usare il power point...beh ci capiranno allora se non saremo proprio perfetti, perchè non lo sono loro dopo anni, alcuni decenni, di esperienza..nessuno si meravigli se anche noi avremo delle difficoltà..

Per il resto alcune relazioni sono state illuminanti, le tavole rotonde molto interessanti, soprattuto per lo spunto di riflessione che ci hanno lasciato. Mi è dispiaciuto molto non aver ascoltato alcune esposizioni, perchè nel pomeriggio gli atelier erano concomitanti.

.Un grazie particolare al professor Montanari, uno dei pochi professori che ci ha salutato e ha scambiato qualche parola con noi.

Ah: i semiotici mangiano bene: il catering che ci è stato offerto era ottimo.



ele

MIT Lecture Browser

Un post dal nostro inviato speciale nelle Americhe statunitensi.
Dalle Americhe bloccano l'acceso pe_rizoma, chiaramente ci temono.

pjr scrive:

E ora un post completamente diverso. Dal Massachussets Institute of Technology di Boston ecco a voi una fantastica novità. Un motore di ricerca testuale che permette di trovare le parole chiave di documenti audio e video, come le oltre 200 lecture dell'MIT registrate al link in sovraimpressione. Una svolta enorme, se ci pensate. Avere i video di un discorso o di una lezione è utile, ma lo è molto di più se si può trovare al volo il passaggio che si cerca.
I risultati cercando "semiotic" sono pari a zero, cercando "semantic" sono tre, ma più che altro sul semantic web (il terzo però è di Bill Gates, ammesso che la cosa possa renderci orgogliosi).

Parlando di semiotica e USA, il vostro corrispondente da New York può garantirvi che qui di semiotica ce n'è pochissima. E' stato da poco inaugurato il nuovo grattacielo del New York Times che sembra sia il primo edificio al mondo semantic-free, privo di alcuna semiotica all'interno. Persino l'intervento di Umberto Eco alla Public Library di qualche giorno fa (quella con le statue dei leoni di Ghostbusters sulla scalinata) è stata con poca semiotica. La discussione verteva su un libello che qui sta andando molto di moda, di un francese, che spiega "Come parlare di libri mai letti". I biglietti per l'ingresso erano esauriti, ma mi è stato riferito che di semiotica nessuno ne ha vista. Forse che la semiotica, terrorizzata, abbia comprato lei stessa tutti i biglietti?

21 novembre, 2007

Se non vedete i baleddi...non c'avete la zenzibbilità per fare televissione


spezzo una lancia a favore di SABINA GUZZANTI, la tanto bistrattata ex-comica che non fa più ridere ed è solo inacidita..

tanto lo so che è antipatica a tutti, porella, con quel suo tono un po' strafottente e irritante (per non parlare della voce che pare essere uscita da un corso base di italiano per inglesi) e lo sguardo tagliente, di quelli che ti fanno sentire in colpa solo perchè sei davanti alla tv e non a telefonare alla Rai per chiedere più parcondicio e meno stronzate nell'etere.

In realtà Sabina è piccolina, cosa che mi ha stupito molto dopo averla vista nei panni di Valeria Marini in 'la posta del cuoore'. Ma è davvero indisponente, cavolo, io mi chiedo perchè, visto che comunque è riuscita a girare il suo terzo film ed è riuscita a trascinarsi dietro per la promozione anche il mitico Pierfrancesco Loche (se c'è qualche cultore..).
Non è vero che non faccia battute, anzi.. è puntuale, sottile. Un po' troppe metabattute se vogliamo, ma l'idea che dà è di persona intelligente, complessa. Elitaria, diciamolo. E mica di sinistra solo. Piccola crisi di chi si è interrogato sul potere della satira e sui suoi limiti, sui limiti umani nel parlare di se stessi, delle proprie battaglie.
E, soprattutto, delle battaglie altrui.

Se qualcuno ha visto il suo film, 'le ragioni dell'aragosta', forse ricorderà il momento in cui lei viene messa su un palco a sostenere una causa qualunque, nel preciso ruolo di "icona dissidente". Uno special guest vago, qualcuno che si incazza contro il potere, un qualsiasi esiliato della tv. E lei non lo sa perchè è lì, azzarda un imbarazzato "siamo con voi!". Ma si sente esattamente come quando qualcuno dal pubblico urla "facce D'Alema!!", incurante di quello che sta cercando di spiegare.
Di nuovo è richiesta come "comica generica", quella del 'diciaaamo' dalemiano, tormentone per tutto il Pippo Chennedy Show.














Sabina, per dirla alla Deleuze, fa un piccolo rizomino di satira e metasatira, boccone di digeribilità bassa e spesso irritante perchè non cala mai realmente la tensione con stronzate solo frivole. Troppo impegno, troppo poco...Il problema è palpabile, lei se lo pone in continuazione.
E' troppo pesante? Non per nulla ha sempre lavorato in squadra con altri comici.
Se Luttazzi e Crozza riescono a fare una trasmissione da soli alternandosi a se stessi molto bravi. Ma non vuol dire, credo io, che siano gli unici comici (satiri?) degni di tale nome.

E' un altro stile. Raiot era pensato per essere un breve pamphlet, non una trasmissione in prima (seconda, meglio...) serata.
E a suo vantaggio va che per quello qualcuno si era incazzato. A Luttazzi invece nessuno dice niente, nemmeno il papa. Uffa. Ma io mi chiedo chi dovrebbe incazzarsi, chi dovrebbe chiudere il programma, chi dovrebbe essere davvero sensibile ai temi trattati. Saremo mica noi?

E allora perchè non chiederci anche il nostro ruolo nella satira, invece che accoccolarci sul divano e dirci quanto c'ha ragione questo? Sabina ce l'ha sbattuto in faccia con la veemenza di chi è arcistufo (mossa sbagliata e poco popolare, specialmente alla tv). Con l'intensità di chi vive di continuo la cosa sulla sua pelle (e non credo solo perchè sulla pelle l'esilio televisivo l'ha vissuto davvero). Sbagliato? Spiazzante, quantomeno. Ma a ragion dell'aragosta vedute direi che è un modo molto intelligente di ri-pensare l'impegno politico e sociale, il nostro (chè quello dei comici è solo una scusa per..)

Perchè sempre allegri bisogna stare, chè il nostro piangere fa male al re?

Detto questo Luttazzi e Crozza forever!
E fate tornare in tv Corrado Guzzanti!

18 novembre, 2007

Rivotiamo!

Roma, 17 nov. (Adnkronos) - Il Coordinamento nazionale di Forza Italia comunica che alle ore 19 risultano gia' raccolte oltre 4 milioni 300mila firme alla campagna 'rivotiamo subito'.

Fantasticissimo! alle 19e30 erano 6milioni, alle 22 erano 16milioni, alle tre del mattino hanno iniziato a scendere gli svizzeri e i teutoni e siamo arrivati a 41milioni, alle 6 del mattino di oggi hanno iniziato a sbarcare gli italiani all'estero d'argentina e brasile, presto i marziani accorreranno.
poi alle 12 si è scoperto il mistero, i fogli per la sottoscrizione erano cosparsi di acido lisergico. come l'immagine mostra prodi powers era in prima fila.
i numeri comunque sono falsati, pannella ha fatto la fila tutta la notte.

personalmente sono favorevole a ri-vòtare (cioè svuotare) il parlamento, il consiglio dei ministri (coraggiosamente diminuito al numero di 12 dalla PROSSIMA legislatura). il problema non è ri-vuotarlo, è che si tratterebbe solo di una breve pausa prima del ri-riempimento.

14 novembre, 2007

A lesson to be learned

cliccate sull'immagine per ingrandirla

12 novembre, 2007

Propp è figlio unico.*

Lo confesso, vorrei avere una vita: canonica. E per canonica intendo una vita che segua lo schema narrativo canonico, e insomma ci siamo capiti. Io sarei il mio personalissimo eroe, si comincerebbe da una situazione di equilibrio, poi la rottura dello stesso, e una serie di peripezie fino a ristabilirlo. Sarebbe, come dire, rassicurante. La mia vita sarebbe una combinazione di funzioni pescate a caso dalle 31 che l’amico Vladimir ha così bene elencato. Mi risparmierei un bel po’ di incertezza, di sofferenza no, ché anche l’eroe proppiano ha i suoi grattacapi. Ma l’incertezza, il vuoto, i momenti narrativamente inutili, sconclusionati, quelli me li risparmierei. E avrei chiaro negli occhi quale sia l’oggetto di valore a cui aspirare, chi sono gli opponenti e chi gli aiutanti, and so on.
Mi accontenterei anche di qualche leggera complicazione greimasiana a questo schema. Voglio dire: accetterei che diversi attanti siano contenuti nello stesso attore, per esempio. Io sarei il destinante e l’oggetto di valore di me stesso – la mia vita trasformata così in un bildungsroman – e ci sarebbe qualcuno che in alcuni casi è aiutante e in altri opponente. Sarei pronto a rinunciare alle trentuno funzioni per avere in cambio categorie più incerte e meno definite. Ma non sarebbe la fine del mondo. E in ogni caso i vantaggi supererebbero questi piccoli disagi. Fallirei di sicuro qualche prova qualificante, all’inizio. E potrei addirittura morire a trentuno anni in un incidente stradale, che una fiction sulla mia vita venticinque anni dopo sarebbe la dimostrazione che invece la prova glorificante l’ho bella e superata.
Ecco, ho fatto il mio personale coming out, vi ho detto qual è il mio sogno. Però. Quello che ho pensato ieri sera davanti alla televisione è stato: siamo sicuri che questo fosse anche il sogno di Rino Gaetano?
La vita di Rino Gaetano, per come l’ho vista ieri, è in realtà una fiaba russa. Sissignori. E non c’entra niente il fatto che li si chiamassero vicendevolmente “compagni!” o robe di questo genere, quelli sono solo i seventies italiani. La vita di Rino Gaetano è una fiaba russa già al quarto minuto, quando suo padre gli fa un discorso che suona più o meno così: “Ti hanno visto suonare la chitarra. Ho fatto tanti sacrifici per te e la mamma. E questo non me lo merito”. E poi l’espressione di Claudio Santamaria sommerso dai fischi degli studenti dopo aver detto qualcosa come “Io non so se è giusto stare da una parte”. Divieto e persecuzione. E l’assoluta scioltezza dei suoi rapporti amorosi. E il padre, destino, ha un infarto dopo un litigio con Rino, che accorre subito, e si pente istantaneamente.
Tanta difficoltà, ma nessuna complicazione narrativa. E’ una fiaba russa. Con l’unico difetto di essere un po’ contraddittoria: Rino non leggeva fiabe russe, e non le legge nemmeno nella fiction. Lo stesso personaggio-Rino è dipinto come qualcuno che avrebbe vomitato su una pellicola del genere, con la stessa tristezza che in quella storia lo porta a incendiare una pila di suoi vinili invenduti nel cortile davanti casa, sotto lo sguardo del padre (connivenza).
E pure se non fosse una biografia, voglio dire: è questo ciò che si merita un telespettatore medio italiano?
Personalmente, io la seconda puntata non la guardo. Ho già sostenuto e superato l’esame su Propp, e penso di sapere come va a finire.


*Titoli alternativi per questo post erano: "Voglio una vita greimasiana" e "Disperato, erotico, Propp". Se sapessi impostare un sondaggio vorrei proprio vedere quale vincerebbe.

11 novembre, 2007

Da TEPPISTA a TERRORISTA: il passo è breve

Lo scorso anno ebbi modo di parlare in una tesina di come la stampa italiana aveva trattato un colpo di Stato avvenuto nel 2002 in Venezuela. La mia ricerca mi portò a constatare l'inettitudine dell'informazione italica nel trattare un evento che aveva bisogno di essere raccontato e non parassitato da fonti poco attendibili.
Oggi ho avuto un'altra dimostrazione di quanto sia avventata l'informazione nostrana e di come sia superficiale il giornalismo fatto dietro una scrivania. Facendo un rapido giro dei siti dei quotidiani italiani (per la precisione gazzetta.it, corriere.it e repubblica.it) a mezzogiorno trovo la notizia di scontri tra ultras in un autogrill vicino Arezzo e della morte di un "teppista" (così lo definivano tutti e tre i siti). In pochi minuti i moralisti del pallone avevano già tratto le loro conclusioni: dicendo che i vari decreti non sono serviti a niente (il che può essere anche vero), il Ministero era in frenetico movimento per stabilire cosa fare negli stadi italiani, la vedova Raciti aveva lasciato l'intervista n°153298 da quando hanno ammazzato suo marito, ma soprattutto i veri teppisti erano pronti alla sommossa popolare.
Gli stadi si sono trasformati in formicai di guerriglia. Milano, Bergamo, Taranto, Latina, Parma diventavano scenari di guerra civile, in cui questi condivisori di valori -come amano auto definirsi gli ultras- prendevano a pretesto la morte di un ragazzo per scaricare il loro odio contro i celerini e distruggere ogni cosa si trovassero di fronte.
Punto primo: il giovane non era un ultras, ma un TIFOSO! il che è una cosa ben diversa.
Punto secondo: i decreti non c'entrano niente con l'omicidio di un ragazzo di 28 anni.
Punto terzo: se la Polizia avesse raccontato da subito la verità, dicendo che c'era stato un ERRORE e non una tragica fatalità, magari anche quegli inetti dei giornalisti non avrebbero scritto (e detto in tv) trilioni di cazzate.
Il fatto è molto semplice un poliziotto ha visto che c'era una rissa e ha avuto la fenomenale idea di sparare ad altezza d'uomo, ha ucciso un ragazzo che poteva essere chiunque (un anziano incazzato con un rumeno, un bambino che piangeva perchè gli avevano rubato il pallone, Mastella che sbraitava perché non gli avevano permesso di andare a Milano con l'Air Force One Presidenziale). Sarebbe bastato [soltanto] che la Polizia avesse rispettato il suo obbligo morale di dire come erano andati realmente i fatti e che i giornalisti prima di scatenare degli imbecilli si fossero INFORMATI! Prima di dare un'informazione sarebbe una cosa logica del resto.
Vedremo se stavolta si potrà processare la Polizia (non come è accaduto per i fatti di Genova) e se qualcuno farà notare alla CASTA dei giornalisti (perchè anche loro sono una casta, peggio di quella dei politici) che non sanno fare il LORO lavoro.
Se avessero fatto il LORO dovere non avremmo delle città sotto assedio (Roma e Milano in queste ore stanno vivendo momenti terribili), avremmo vissuto una domenica diversa e il Calcio non avrebbe subito l'ennesima giornata di ordinaria follia.
Se si fosse detto è stato ucciso un ragazzo, perchè un'agente [idiota] ha deciso di fare il fenomeno, l'omicidio dell'autogrill sarebbe diventato l'ennesimo giallo della società italiana. Vespa era tranquillo per altri due anni lo stesso (perchè ora tritolerà le palle con questa vicenda per mesi) e io domenica prossima sarei potuto andare a vedere la mia squadra in trasferta, com'è nel mio diritto di tifoso e di cittadino italiano.
Certo se magari incontro dei palermitani all'autogrill evito di ricordargli che hanno una maglia di merda, non si sa mai che un poliziotto decida di puntarmi addosso il bazzuca, e poi trovate scritto su qualche sito "ucciso terrorista di al quaeda che andava allo stadio per fare un attentato!"

Su Luttazzi, di nuovo

ieri la seconda puntata di luttazzi, che conferma i 7centomila e passa spettatori. conferma anche il format, con il monologo di circa un quarto d'ora all'inizio, il cui tema era 'lu case bulgaro'.


devo correggere l'impostazione del post scorso. credo che luttazzi in questo programma prima di tutto voglia informare, più che far ridere, anche se questa è una delle cose che gli riesce meglio.


i comici in questo periodo stanno diventando depositari del po' di senso civico rimasto agli uomini pubblici e di spettacolo. nessuno dice nulla, nessuno critica, fatta eccezione per la trasmissione di santoro, che trovo inguardabile per insostenibilità del conduttore e della borromeo. ballarò si limita a far litigare i politici in televisione e altro non è che un proseguimento in seconda serata dell'elenco di esternazioni che sono diventate le notizie di politica.


insomma se vuoi sentire qualcuno che faccia davvero un'analisi della situazione politica o devi telefonare a casa di travaglio, oppure devi seguire i comici. la guzzanti è ormai da un po' che ha messo da parte le risate per far spazio alla denuncia delle nefandezze politiche. la guzzanti però io credo sbagli strategia, ché adotta un registro da politica senza però dichiararsi tale, assume le battaglie direttamente, e soprattutto senza più battute.


luttazzi invece ha saputo trovare una miscela incredibile di denuncia, gag satiriche, gag stupide.
è riuscito a dire no al 'facce ride', a fare una trasmissione di informazione, e a fare una trasmissione divertente. altissimo livello.
ps
peccato per la mancanza dei dialoghi platonici..

09 novembre, 2007

Vecchi interpretanti: You Tube e i giovani

non se ne può più dei vecchi che in due pagine fanno l'analisi completa dei giòvani. ognigiorno su repubblica c'è un commento molto pregnante dell'intellettuale tizio e del sociologo caio che hanno capito tutto non solo dei giovani ma anche del come e perché usano certi strumenti.

la repubblica di oggi è veramente fantastica. in R2 oggi hanno messo da parte l'usuale inchiesta sui cardi, e l'effetto deleterio delle pigne nel culo, per affrontare il problema di "You tube, diario on line dei ragazzi soli". premesso che il titolista di repubblica è chiaramente riciclato dalla redazione di non è la rai, resta comunque che l'articolo di gabriele romagnoli è davvero scandaloso.



che internet sia la causa della violenza è piuttosto una cazzata, e questa, più o meno, è un'opinione abbastanza diffusa, almeno tra gli intellettuali. a fianco all'articolo di romagnoli ci sono le interviste a sree sreenivasan e a rodotà, dove entrambi sostengono appunto che mettere filtri a internet, oltre ad essere molto difficile, sarebbe anche presemubilmente inutile (con buona pace di eco).

la parte divertente dell'articolo di romagnoli è quella sulle motivazioni che spingerebbero i ragazzi (che è una categoria che va dai 14 ai 45 anni) ad aprire blog oppure ad andare su youtube.

le ragioni sono SOLITUDINE - ESIBIZIONISMO - MERCATO. "non ci sono valori né disvalori. la realtà è film, quindi ingiudicabile." sembra il commento di un predicatore degli anni cinquanta che ha appena individuato nella televisione lo strumento del demonio.

1. dove sta scritto che i film sono ingiudicabili?
2. perché se la televisione fa cacare e si cerca alternative on-line dobbiamo per forza essere dei sociopatici?
3. è una novità che gli adolescenti vogliono attenzione fine a se stessa?
4. avete mai visto un blog fatto da gente non necessariamente sul orlo del suicidio?
5. mai visto un blog senza scopi di lucro?
6. mai visto un blog collettivo?

il punto è che certa gente non ha la più pallida idea di cosa dice, solo che può dirlo, e spacciarlo per una grande verità sociale.
il problema è che altra gente ci crede

07 novembre, 2007

ECO E' IL FATT'APPOSTA


Scusate, non entro in merito del contenuto del precedente post (come quale? basta scorrere, sempliciotti...), ma mi attengo scrupolosamente ad una sua questione di limine, di sfondo: il pro-postico, direbbe basso.
ovvero la presenz'assenza di eco su repubblica.vengo subito al dunque, e dopo essere venuto al dunque non rileggo, perché sto studiando e non "ci" ho tempo da perdere, quindi mi scuso aprioristicamente su inesattezze fandonie refusi e catastrofi ambientali.

allora: eco su repubblica non c'è quasi mai, se non una volta ogni tot quando ci piazza il suo articolone di due paginone fitte fitte che comincia in prima, (interessantissimo per carità, e sennò che farei semiotica affàre).

lo stesso articolone che poi qualche anno dopo finisce come saggio in una sua raccolta di saggi dai titoli ammiccanti e troppo fighi (parlo così per pura invidia e desiderio di emulazione, 'che noi a pe_rizoma ci proviamo a fare i fighi nei titoli, ma mai a quei livelli lì)


però il punto è che, pur non essendoci quasi mai di persona se non nell'articolone suddetto, Eco ultimamente pervade Repubblica, la imbeve, ne cola, quasi.

tipo: su R2 approfondiscono lo spinoso tema della pulitura a mano dei cardi di montagna? (R2 nasce per quello) ecco: per alleggerire la pagina, ci stanno 2-3 civette contenenti citazioni in merito ai cardi ed aforismi dei suoi esperti (i cardòlogi), ed eccallà che ti spunta la frase di eco, che parlando della pregnanza delle cacche di rinoceronte in un libro di semiotica del '86, incrocia di striscio, oppure lascia solo intuire fra le righe, un riferimento ai cardi di montagna, ed alla loro spinosa pulitura.

a repubblica lo scovano (o glielo passano) e lo piazzano lì.

quindici giorni dopo, tipo, parlano dell'immortale fascino delle borsette di coccodrillo? ecco, in piccolo, una delle tre civette è una frase a tema di eco, estrapolata da un monologo a se stesso effettuato dal Vate mentre era sotto la doccia.

la cosa si ripete per ogni grande tema trattato sulle pagine culturali del giornale di Scalfari. voi ridete, ma è così, fateci caso.

ci mancherebbe, comunque: la cosa è altamente positiva. vuol dire che a furia di teorizzare la stessa, ormai Eco "è" l'enciclopedia, ma questo lo sanno anche i cardi di montagna, figurati a Repubblica.


chicca finale: ieri è morto enzo biagi (e sul dispiacere legato alla scomparsa di un manuale di giornalismo personificato come lui non mi sprEco, lo sottintendo).
insomma, ieri mattina guardavo, a metà fra il semi-commosso e l'annoiato dai libri d'esame, la scarrellata 30/40 di foto che ripercorrevano la vita di biagi, e che repubblica.it ha pubblicato verso le 8.07 (nota bene, Biagi è spirato alle 8.00): una foto di biagi da bambino, una con montanelli, una degli ultimi anni e zà... una foto con eco.

se ne stavano entrambi in puedi a panza all'aria, a ridere di chissà che cosa, sullo sfondo di chissà quale occasione ufficial-intellettuale. a giudicare dalla giovialità dei loro visi, sembrava si conoscessero più o meno dall'elementari.
embé, quel grande saggio e uomo di mondo del dottor manetta ce lo dice sempre (ed io amo citarlo spesso) che "qualunque cosa possa essere umanamente pensata, allora Eco ci ha già scritto un libro, ed è certamente il più autorevole in materia."

ancora una volta non possiamo che dare ragione a manetta, ed aggiungere che qualunque personaggio si è intellettualmente distinto in qualcosa, eco di sicuro almeno una volta gli avrà fatto notare che aveva uno spinacio fra i denti. (su questa criptica battuta finale, sfido voi studentelli semiotici bolognini a cercare una connessione nella vostra memoria universitaria)

06 novembre, 2007

Ecco Eco

Oggi vi propongo questo post di Gael su un intervista a Eco, fatta il 16 luglio 2006, dal titolo: Semiotica: origini, definizione, sguardo sul presente.
Ringrazio Gael, sia per averci segnalato questa chicca, sia per il suo contributo al dibattito (indiretto) con Eco su Internèt. Il tema è ben stimolante....



L’Eco della rete: i rimbombi inesatti.

Il punto è che un blog (che per definizione sta su internét) sulla semiotica, quando capita che su internét spunta un video di Umberto Eco (che per definizione sta sulla semiotica disteso di pancia) che parla di internét, insomma non può fare finta di niente e deve dire qualcosa. E nonostante il player di repubblica.it faccia schifo e il video sia rimasto online e funzionante per circa 44 secondi, grazie a potenti mezzi si è riusciti ugualmente a trovarlo da un’altra parte (precisamente qui: http://semioweb.msh-paris.fr/AAR/FR/video.asp?id=1030&ress=3280&video=67653&format=22) per adempiere alla nostra missione.

La posizione dell’Umberto, in due parole, è questa: internét non è un modello di conoscenza umana perché non è in grado di eliminare e filtrare le informazioni; ciascuno di noi di fronte ad un sito non può essere sicuro che l’informazione sia attendibile; internét rischia di diventare una mappa 1:1 dell’impero e quindi perfettamente inutile; c’è la possibilità teorica che sei miliardi di abitanti del pianeta, navigando ciascuno a modo loro, si formino sei miliardi di enciclopedie diverse, da cui risulterebbe la completa incomunicabilità.

Eviteremo qui, come è stato fatto in altri luoghi, di concentraci sul Nostro, sottolineando con parole come trombone la possibilità teorica che stia parlando con estrema sicurezza di qualcosa che conosce poco, vista la sua non giovane età e l’assunto che internèt sia questa cosa giovane. Criticheremo qui, invece, soltanto l’intentio operis di quello che ha detto, ma è evidentemente bizzarro che proprio il Nostro, di cui conosciamo le opere come le nostre tasche, non si accorga di quanto proprio i capisaldi della sua teoria semiotica possano essere proficuamente utilizzati operativamente per parlare di internèt. Perché il problema con questa intervista a Eco, è che non fa una grinza, è coerente, ma, semplicemente, la sua descrizione non aderisce a ciò che dovrebbe descrivere. Un po’ una traduzione grammaticalmente corretta ma non fedele al testo di partenza.

Partendo dall’inizio: internèt è forse la migliore metafora del concetto di enciclopedia proprio perché non è mai completamente realizzata. Anzi, ci spingiamo fino a dire che non esiste: lasciando stare i bit fisicamente presenti sui server, internet è un percorso che si manifesta solo se qualcuno (un interprete) lo percorre (lo interpreta). Non è quindi la rete a dover eliminare e filtrare le informazioni, ma le pratiche degli interpreti.

E proprio sul concetto di pratica, in questo momento così di moda, bisognerebbe insistere. La possibilità dei sei miliardi di enciclopedie incommensurabili è chiaramente catastrofica, ma altrettanto chiaramente falsa. Il nostro non considera forse appieno la differenza sostanziale tra i prati spontanei delle montagne valdostane e i siti web: mentre i primi sono indipendenti dall’intenzionalità umana, i secondi sono istituiti da un soggetto. E se proprio vogliamo raddrizzare quell’ipotesi apocalittica, dovremmo dire che il rischio è che si formino sei miliardi di enciclopedie diverse con soltanto un punto di contatto con l’esterno: e la comunicabilità sarebbe questione di coppie.

Come la vogliamo chiamare allora? Manifestazione dell’enciclopedia Echiana? Spazio Liscio deleuziano? Internét è uno spazio che viene rimodellato ogni volta che una sua porzione viene percorsa o modificata. La dimostrazione di questo è il buon Google, col suo PageRank. Al di là della perfettibilità dell’algoritmo, la cosa da notare è come i rapporti interni tra i siti (tra i testi? tra i segni?) varino a seconda delle visite, dei link che li collegano, e di tutti questi fattori combinati.

E poi, caro Umberto, se la tua enciclopedia deve contenere cappuccetto rosso, se nelle biblioteche quelle vere poi io ci trovo i libri negazionisti – e hai sentito le puttanate che dicono ogni giorno all’Italia sul due? – perché, dico io, se la semiotica esiste grazie alla possibilità di mentire, perché ti preoccupi che nessuno può essere sicuro dell’attendibilità di un sito?

Amen

di Gaël

05 novembre, 2007

Incontro con Terry Gilliam. Tideland e quel che ne consegue

In occasione dell'uscita nelle sale, riproponiamo l'articolo di Giuseppe Marino, che uscì, ormai più di un anno fa, in occasione della mostra del cinema di Venezia.

Se è vero, come è vero, che la storia contemporanea è condensata nel grumo di vomito sui baffi di Benicio Del Toro, in Paura e Delirio a Las Vegas, allora l’opera dell’ex Monty Phyton Terry Gilliam ha un’importanza specifica più vicina a quella accordata da selezionate schiere di fans, che a quella negata da critici scettici.Martedì 27 giugno Gilliam ha presentato al cinema Arlecchino il suo ultimo film, Tideland, tratto da un romanzo di Mitch Cullin. La sua precedente opera, I Fratelli Grimm, pur dotata di tocchi autoriali riconoscibili ed apprezzabili, era certamente più pacificata, con inedite strizzatine d’occhio al mercato ed alla noia. Da qui la sorpresa d’aver assistito alla performance più anticonformista dell’autore, ad un rifiuto radicale delle canonizzate leggi hollywoodiane, a favore di un’espressione del fantastico nera, spesso marcia e disturbante, una strutturazione dell’intreccio che, paradossalmente, proprio nella ricostruzione di una favola, riesce a concedere poco o nulla alla realizzazione delle aspettative del pubblico. Il tutto in una messa in scena spoglia di effetti speciali, che lascia il compito del coinvolgimento e della sorpresa a scelte registiche puramente espressioniste.La storia è quella di una bambina, novella Alice, persa nella “terra delle maree” assieme al padre tossicodipendente, Jeff Bridges, che regala una sorta di Drugo lebowskiano andato a male.Durante la presentazione del suo film Gilliam mette l’accento proprio sulla volontà di costruire senza dare spazio ai tabù, tematici ed espressivi, che vincolano il cinema mainstream. Proposito rispettato nella sua trasposizione di un libro i cui temi centrali sono, a suo dire, “sex, drugs and necrophilia”. Mercoledì 28 all’Oratorio di San Filippo Neri s’è tenuto un incontro più approfondito col regista. All’inevitabile domanda su Brazil, ha risposto che gli si è “attaccato alle scarpe come una merda di cane”, pur ammettendo, poco dopo, come veda in Tideland l’opera più simile al suo lavoro più conosciuto e stimato. Eppure, parlando della sua concezione del lavoro di regista, pone come irrinunciabile la tendenza al cambiamento, fino a pensare, rivedendo i suoi vecchi film “il regista non lo conosco, non sono io”. Gilliam trova nella struttura dell’Oratorio una buona metafora di quella che dovrebbe essere l’opera registica: mattoni rossi da un lato, stucchi barocchi dall’altro, ed il soffitto incompleto con lo scheletro di legno a vista. Un accostamento ed un sovrapporsi, spesso caotico, di elementi eterogenei.Il mercoledì pomeriggio ha invece offerto la proiezione di Jabberwocky, prima opera del Gilliam solista, datata 1977, inedita in Italia. Il film è piuttosto sgangherato, richiama le atmosfere medievali polverose e demenziali del Sacro Graal, ed in sé è una visione prescindibile. È utile, però, a trovare un precedente per I Fratelli Grimm, che segna il passaggio dal noir fantascientifico di Brazil e de L’Esercito delle Dodici Scimmie, dal lisergismo esplicito di Paura e Delirio, al gotico delle ultime opere.E su questo campo il confronto con Tim Burton è automatico ed opportuno. Burton vanta una popolarità certamente superiore a quella di Gilliam, ed il suo nome è con una certa facilità accompagnato alla parola “genio”. In realtà quello di Burton sembra un nero tinto ad arte e piuttosto smaltato, dove personaggi bizzarri e più o meno mostruosi sono spesso al servizio di una storia classica e lineare, riducendosi il tutto ad una cifra estetica, ultimamente addirittura estetizzante e di maniera. Gilliam, al contrario, non ha paura di mostrare l’aspetto più profondamente contraddittorio e disturbante delle favole, quelle vere e cattive, compiendo l’operazione inversa: riveste di un’atmosfera falsamente lieve dei temi estremamente forti, ottenendo per contrasto un effetto spiazzante.Allo stesso modo i due registi hanno recentemente affrontato un tema comune, quello della narrazione orale, Burton in Big Fish e Gilliam in Tideland. Il primo, in quello che è uno dei suoi film migliori, ha costruito un percorso affascinante e colorato, rilanciando comunque l’idea della fascinazione del racconto che valorizza l’epos personale. Il secondo costringe la piccola narratrice a crearsi un mondo che trova anch’esso radici nel suo vissuto, ma che non ha niente di consolatorio, ed esalta, invece, i disagi e le vere e proprie dissociazioni della protagonista, costretta a cercare conforto in se stessa, uno degli elementi di un mondo fatto di persone danneggiate, disperate, isolate. Infine Gilliam ha detto dell’intenzione di riprendere quel Don Chisciotte, opera più complessa e costosa dell’indipendente Tideland, le cui disavventure sono narrate nel bel documentario Lost in La Mancha. Problemi di assicurazioni e produzioni sono vagliati in tribunale, mettendo in luce quell’inevitabile elemento industriale con cui chiunque voglia fare cinema deve fare i conti.

04 novembre, 2007

ESPULSI!

Oggi ho finalmente scoperto, il senso intrinseco della brillantissima legge Bossi-Fini. L'illustrissimo ex ministro del nulla nel Governo Berlusconi, l'eterno vice della politica italiana, l'uomo che per anni si battutto per il maggioritario alla francese (o come diceva Benigni: alla francese, alla francese, alla francese bello! bello! bello!), salvo dimenticarsene quando lui e il suo partito hanno votato il porcellum interamente proporzionale senza battere ciglio, oggi intervistato da Lucia Annunziata ha spiegato l'archè della sua legge.

Sillogismo finiano: tutti gli emigrati (in questo momento vanno di moda i rumeni), che dopo una settimana in Italia non hanno un reddito e vivono in delle baracche, non sono venuti nel nostro Paese per lavorare, quindi devono essere espulsi. GENIALE!

Mi farò promotore di un'allargamento della Bossi-Fini ai siciliani con il comma Arena: tutti i siciliani che non hanno un reddito, ma hanno una macchina nuova ogni due anni (da 20000 euro), i figli universitari parcheggiati in una delle tante case dello studente (pagati da noi figli di dipendenti statali), hanno diritto ai libri scolastici e universitari gratis, devono andare a ffanculo, anzi in Romania o in un paese straniero a scelta o semplicemnte fuori dalla MIA regione, dove io pago le tasse e siccome ho un reddito sono una persona per bene, in altre parole devono essere ESPULSI!
Deve esserci l'accompagnamento coatto (lo ha definito così l'ex ministro delle nullità sempre oggi su raitre.. qualunque cosa questo significhi) delle forze dell'ordine alla frontiera. Li accompagnerò io direttamente, perchè questi che non hanno un reddito potrebbero torturarmi e uccidermi da un momento all'altro, o come recita la Bossi-Fini "non rispettare i valori della nostra Patria".

FRATELLI D'ITALIA ARENA S'E' DESTO!

03 novembre, 2007

Luttazzi's Decameron

Gentili tutti,

sono lieto di annunciarvi che stasera alle 23e30 su La7 si verificherà l'atteso ritorno del Luttazzi.

Per chi non ricordasse, Luttazzi fu cacciato da Raidue. La ragione ufficiale fu che, durante il programma Satyricon, il nostro avrebbe compiuto azioni oscene, che sarebbero state: il mangiare cacca in scatola (cioccolata) e fare strane cose con la bandiera.
La verità è che le azioni oscene erano state il porre domende sulle origini della fortuna di Berlusconi, in modo incalzante, come se si aspettasse davvero delle risposte. Per di più le domande venivano poste a Travaglio che con il cavaliere non ha esattamente ottimi rapporti.

La trasmissione nuovanuova avrà come temi: Politica, Sesso, Religione e Morte. Ce n'è abbastanza per interessare chiunque, mancano le tasse ma credo che si possano far rientrare sotto la categoria Politica o Morte.
Del programma e dell'atteso ritorno non si parla granché sui media, fatta eccezione per La7, guarda un po', e per Blob che va facendo delle Markette pubblicitarie con puntate dedicate interamente a Luttazzi ripescando vecchi sketch, personaggi interviste di lui e a lui.
Il sito di repubblica non nomina l'evento nemmeno nella pagina di Cultura&Spettacoli, per cui ci sentivamo in dovere di colmare il vuoto e di informare noi i restanti milioni di italiani che ancora non sanno della serata.

L'orario è un po' strano per la norma italiana, e ripercorre alcuni tentativi di imitare il saturday night live. La teoria sarebbe: a quell'ora becchiamo sia quelli che sono già tornati sia quelli che non sono ancora usciti, e che magari fanno cena in allegria e goliardia. Altri programmi in Italia hanno provato la formula (trattasi di fascia oraria in realtà) ma con scarsi risultati. Markette in quella fascai non è andato male ma non aveva osato lanciarsi il sabato sera...

Comunque sono convinto che Luttazzi riuscirà a far parlare di sé anche se probabilmente per la battuta più stupida che farà, magari sulla prostata del papa.
Spero che la trasmissione vada bene, come è capitato a Paolini e ad altri programmi culturali, ché se si possono far soldi con la cultura, allora la cultura arriva.

Soprattutto, Luttazzi, Facce Ride

Qui c'è lo spot de La7



Qui c'è l'intervista a Travaglio